Intanto la mia psicologa (via Skype) mi aiutava a farmi amare il mio bucolocale visto che ci ero costretta per così tanto tempo. Sì, lo odio. È piccolo, è soffocante, è tipo la torre in cui vengono rinchiuse le principesse: all’ultimo piano e angusto. “Va bene, prometto che me ne prenderò un po’ più cura” ed è stato incredibilmente terapeutico.
Le emozioni si sono amplificate, nel bene e nel male. L’amore è grande ma non si può vivere, i litigi furenti ma non si può rimediare…così non va, non può andare avanti, ma la consapevolezza quella si.
Aprile 2020 manca ancora un mese, un lunghissimo mese alla fine di questo lockdown e Silvia prova a fare un primo parziale bilancio di questa vita sul crinale dell'emergenza. Cercare il lato positivo non è mai semplice...
Comincio col dire che vivo questa quarantena in modo un po' anticonformista. In realtà, non è la prima volta che sono soggetta a un periodo più o meno lungo di reclusione forzata. Sei anni fa, infatti, fui ricoverata per una... Continue Reading →
A casa mia, padre, madre e fratello lavorano tutti da remoto, sparsi per le varie stanze. Io ho provato l’ebbrezza del cosiddetto smart working per una settimana, prima di perdere il lavoro. Così l’unico spazio rimasto a mia disposizione è la cucina.