Hidden Figures è uscito in Italia con il titolo Il diritto di contare. Entrambi i titoli mancano di qualcosa, o forse dicono qualcosa che non è quello che vorremmo.

Il difficile rapporto della NASA con le donne delle missioni spaziali. Più difficile ancora se le donne sono nere e sono gli anni 60. Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson non sono donne sole. Vivono le loro vite, tra famiglia, lavoro, comunità, in una America segregazionista dove ogni cosa ha un colore preciso che non può essere mischiato, o bianco o nero. Il difficile percorso delle tre scienziate è intrecciato indelebilemnete anche alle lotte per i diritti civili, oltre che a quelle delle donne. Ilaria Sabatini ha scritto  del film di Theodore Melfi su CUCO – Cultura Commestibile 207, e  sul suo blog ruminatiolaica

Katherine Coleman Goble Johnson: fisica, scienziata e matematica, calcolava le traiettorie, le finestre di lancio e i percorsi di ritorno di emergenza dei voli. Mary Jackson, matematica, aveva seguito i corsi post laurea in una scuola serale per bianchi frequentata da soli maschi, ottenendo le qualifiche necessarie a diventare la prima ingegnere donna nera della NASA. Dorothy Vaughn, matematica, la meno conosciuta delle tre, fu la prima donna afroamericana a supervisionare uno staff di ricerca alla NASA, come capo della sezione di programmazione della Divisione Analisi e calcolo di Langley. Ricordatevi i loro nomi, ricordatevi il loro contributo, ricordatevi che sono donne e afroamericane. Nelle loro vicende si concentrano ed esplodono vari pregiudizi sulle donne, la scienza e la capacità di comando. Le loro storie rappresentano una sintesi di quello che oggi viene chiamato approccio intersezionale alle questioni di genere, un approccio che tiene conto delle donne non come categoria astratta ma come individui con proprie peculiarità, inseriti in situazioni specifiche.

Da allora sono cambiate molte cose, è vero, ma forse non ancora molte se la NASA ha creato il sito Women@NASA per incoraggiare la partecipazione, la trasparenza e la collaborazione delle donne ai progetti dell’agenzia, per aiutare, attraverso le storie di alcune, altre giovani donne a lavorare in questo settore. Il mondo delle missioni spaziali, si sa, non è fatto per le donne, siano esse astronaute o scienziate.

In Italia Silvia Casalino (regista e ingegnera spaziale) ha realizzato un documentario sul tema donne e spazio molto interessante, si chiama No gravity e indaga il ruolo delle donne in campo scientifico e tecnologico, partendo da sè, dalla propria esperienza.

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Casalino indaga la storia soffermandosi soprattutto sulle vicende che ruotano intorno alle missioni spaziali degli anni Sessanta, anni difficili in cui la presenza delle donne non era ben vista nel mondo scientifico. In quegli anni Gene Nora Jessen, pilota, racconta di aver partecipato ad alcuni test, gli stessi eseguiti sugli uomini della famosa Mercury 7, effettuati dal dottor Randolph Lovelace, che tendono a dimostrare la maggiore resistenza del corpo femminile nell’ambiente spaziale. Fu la Nasa a bloccare gli studi e a non proseguire i test.

buona visione e buona lettura a tutte

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